Dai Greci ai giorni nostri
Dalle fredde montagne del Nord, agli aridi terreni del Sud Italia.
L’Italia è internazionalmente riconosciuta come la terra delle eccellenze enogastronomiche. Queste sono indubbiamente figlie della biodiversità agroalimentare, unica nel suo genere, che contraddistingue l’area geografica in cui il Belpaese si trova. E proprio queste peculiari caratteristiche, unite alla sapienza dei coltivatori e all’innovazione nel campo agricolo, porta l’Italia ad essere il paese con il maggior numero di vitigni autoctoni al mondo (per la precisione 1200 registrati nel 2020). Iniziamo dunque il nostro viaggio alla scoperta delle varietà delle viti, non prima, però, di aver fatto alcune opportune precisazioni.
Tipi di vitigno: da dove nascono
Come detto, le varietà di viti sono moltissime e il Governo Italiano ha reso pubblico e consultabile online un vero e proprio registro a tal proposito. Le varietà sono detti vitigni. Quando invece la nostra curiosità è volta a sapere cosa e come impiantare per ottenere, appunto, un vitigno, in realtà stiamo parlando di barbatelle. La barbatella si ricava da una vite già adulta ed è il prodotto del taglio di un tralcio, anche detto talea. Questo viene poi inserito all’interno di speciali substrati o acqua, per consentirgli di sviluppare le radici. Sono proprio quest'ultime ad ispirare il nome "barbatella", data la loro conformazione filamentosa che ricorda una barba. La fuoriuscita delle radici è frutto della capacità della vite (come di altre piante) di autorigenerarsi. Ad ogni modo, una volta sviluppate le radici, la talea diviene a tutti gli effetti una barbatella, che viene successivamente innestata con il vite più idoneo in termini di gusti ed esigenze pedoclimatiche. In commercio, poi, è possibile reperire barbatelle già innestate (ovvero ottenute dall'unione di due tralci distinti, detti bionti). In questo caso, chiaramente, si guadagnerà tempo perché l’innesto è di sicuro attecchimento oltre a dare la possibilità di scegliere il tipo di porta innesto più idoneo per terreno e clima. Tra i più diffusi: kober 5BB, SO4, 420, 1103 PULSER. In caso si volesse riprendere delle varietà antiche o molto rare del territorio, la prassi è di procedere ad un innesto su selvatico con tempi più lunghi (circa 1 anno della piantumazione del vigneto).
Tipi di vitigno: le varietà autoctone italiane
Come detto, con la parola vitigni si indica la varietà di vite. Ogni vitigno presenta delle peculiarità proprie e che caratterizzano, poi, il vino che produce. Gli elementi che conferiscono unicità al vitigno possono essere colturali (ad esempio la resistenza al clima e ai parassiti, l’esposizione al sole, la tipologia di terreno), o enologici (ad esempio dimensioni e forme di acini e vinaccioli, spessore della buccia, contenuto zuccherino, grado di acidità, tannini). La Viticoltura - la scienza che studia la coltivazione della vite – suggerisce una precisa classificazione dei vitigni, suddividendoli in categorie che si differenziano per i criteri di selezione scelti: colore delle bacche (bianche, nere, rosa, grigie); provenienza (autoctoni, nazionali, internazionali); proprietà organolettiche (neutri e aromatici); ibridi (vitigni ottenuti incrociando diverse varietà, con processi, appunto, di ibridazione). Altri vitigni da poter scegliere sono quelli da tavola, con varietà senza semi dette anche "seedless" che si sono affermate soprattutto ultimamente. Se ci concentriamo sulle varietà di viti di provenientza italiana, la lista è estremamente vasta e composta sia da vigneti che danno origine ai vini più famosi al mondo che a vini meno noti e più ricercati.